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Lettera aperta ai nostri politici e amministratori che ancora pensano di voler penalizzare il mondo dei disabili (quelli veri) e delle loro famiglie, anche esse disabili.

Una storia vera, tra tante altre, forse anche più normale di altre. Una madre che non rinuncia  a lottare per il proprio figlio, per i suoi diritti e per i diritti di tutti i figli come lui.

 Le mamme e i papà, con le associazioni, non si arrenderanno agli orrori (proprio orrori, non errori) di questa classe politica, da cui discende l’attuale crisi  morale ed economica e non consentiranno che i loro figli sopportino oltre e che vengano cancellati anni e anni di affermazioni sociali.

Condividete, facciamo girare: non è pietà quella che vogliamo ma  dignità, solidarietà, uguaglianza, libertà.

Mio figlio ha 25 anni e a seguito di un’asfissia perinatale ha riportato una doppia emiparesi celebrale. In sintesi, è un ragazzo con un ritardo cognitivo di tipo medio-grave, con difficoltà percettive e motorie e epilessia farmaco-resistente. Nonostante tutte queste difficoltà che naturalmente amplificano una con l’altra le singole problematiche, è un ragazzo meravigliosamente allegro e con una grande voglia di vivere.

 

 

Dopo i suoi primi due anni di vita, passati a compatirlo e a compatirmi, ho deciso che non potevo sprecare la sua vita, la mia e quella di mio marito. Da quel momento è stato un turbinio di esperienze negative e positive, tutte utili a crescere e a non restare fermi.

Ho organizzato in quegli anni, comitati di genitori per le più diverse motivazioni, sempre per affermare i diritti dei bambini con disabilità e quelli delle loro famiglie, per combattere il pietismo e la tolleranza, per affermare il diritto di esistere, semplicemente. Sono stata vicepresidente di una consulta per l’handicap per quasi cinque anni e da quel punto di osservazione ho potuto conoscere tante problematiche diverse ma che avevano le stesse origini: su un piano sociale più in generale, l’emarginazione, la solitudine, l’indifferenza, e,  sul piano più tecnico, l’incompetenza, l’inadeguatezza, la mancanza di una rete di servizi da parte delle amministrazioni che dovrebbero garantire i servizi sociali, sanitari, socio-sanitari.

Nel dicembre del 2007 insieme ad altri genitori di ragazzi con disabilità abbiamo costituito l’Associazione “Ylenia e gli Amici Speciali ONLUS”  nel ricordo della giovane amica dei nostri figli, Ylenia, prematuramente scomparsa, al fine di  migliorare la qualità di vita dei ragazzi con disabilità e per agevolare lo sviluppo delle loro possibilità, che sono immense, per l’inserimento in una società che anziché tollerarli possa considerarli una risorsa importante.

Siamo tutti volontari e nel lavoro quotidiano svolto durante il tempo libero con impegno ed ogni nostra energia vogliamo realizzare progetti capaci di produrre risultati concreti e duraturi, per ribaltare la staticità dell’esistente e sfatare molti luoghi comuni legati al mondo dell’handicap.  Abbiamo dato vita a questa associazione con l’intento di superare un modo pietistico ed assistenziale che ancora permane nei confronti dei soggetti più deboli. Vogliamo coniugare esperienze, intelligenze e culture diverse per cercare risposte più autentiche e consapevoli delle esigenze delle persone disabili. Continuiamo a lottare per l’affermazione di questi diritti e ogni giorno c’è una nuova battaglia da affrontare.

Siamo impegnati attualmente a realizzare un ambizioso progetto  c.d. “Durante e Dopo di Noi”, e tengo a dire che siamo convinti di impegnare in prima persona non solo il nostro tempo libero e le nostre competenze, ma anche parte dei fondi necessari all’attuazione del progetto. Inoltre, poiché crediamo che tutti debbano potersi realizzare come persone e che ognuno sia portatore irrinunciabile di una dignità di vita, nel nostro progetto ideale la residenza protetta sarà completata con  servizi integrati socio-sanitari, ludico- ricreativi, e produttivo-agricoli, che possano essere rivolti ai nostri ragazzi, ad altri come loro che la frequenteranno ogni giorno, ma anche alle scuole ed alle famiglie del territorio. Pensiamo, ad esempio, a percorsi didattici, apicoltura, vivaio, ippoterapia e maneggio, garden golf, impianti sportivi leggeri, ed idonee strutture di supporto.

Negli ultimi anni le famiglie che vivono le problematiche legate all’handicap dei propri cari, in particolare dei bambini e dei ragazzi, hanno visto annullare uno a uno i diritti la cui esigibilità è stata faticosamente conquistata, nell’indifferenza di una politica sempre più concentrata sui propri privilegi e sull’esercizio del potere puro.

Voglio fare esempi concreti.

Mio figlio ha visto annullare il suo progetto riabilitativo che prevedeva una terapista occupazionale a domicilio impegnata in attività di addestramento alle autonomie personali e di igiene che, a 25 anni, mio figlio ancora non ha acquisito in modo consolidato.

Costava troppo.

E’ diminuita l’assistenza domiciliare, peraltro comunicata anzichè dal comune direttamente dall'ente gestore, due giorni prima della sua applicazione a regime.

Costava troppo.

Poco importa che mio figlio non sia autosufficiente, soffra di crisi epilettiche e per questo non può rimanere solo in casa. Poco importa che i genitori lavorano (per fortuna) e non sanno mai a quale santo votarsi.

Il calendario del corso di formazione professionale per ragazzi con disabilità che segue mio figlio  quest’anno ha subito un drastico taglio e si è concluso prima.

Costava troppo.

E abbiamo saputo che il numero dei corsi attivati è diminuito e il finanziamento del Fondo sociale europeo da cui la Regione trae i fondi è stato ‘distratto’: dal capitolo ‘formazione’ al capitolo ‘cassa integrazione’ delle aziende laziali.

Una lotta tra ultimi.

Mio marito è un impiegato di una società privata e io sono un funzionario pubblico. Abbiamo un’altra figlia di 22 anni,universitaria. Non siamo certo ricchi  ma, nonostante tutto, siamo anche tra i fortunati che ancora possono permettersi di pagare 70 euro l’ora la terapia del proprio figlio, per non annullare tutti i progressi fatti finora con grandissimi sacrifici e per permettergli di vivere dignitosamente, senza dover pesare troppo sugli altri e non divenire solo un costo per la società. Ma per quanto ancora? E tutti quelli che non possono farlo?

Ed è giusto che questo sia un problema delle singole famiglie che si impoveriscono sempre più finanziariamente, psicologicamente, socialmente?

Non sono questi problemi legati alla cittadinanza e alla dignità delle persone?

(S.G.A.)