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intervista a Maria Rosaria Simeone

INTERVISTA A MARIA ROSARIA

 

Si può dire che il mio contatto con la disabilità è avvenuto per lavoro. Dopo la laurea in scienze biologiche, ho cominciato a insegnare matematica. Solo dopo mi sono specializzata nel sostegno. La prima persona che ha colto, più di 30 anni fa, la mia propensione ad andare incontro all’altro è stata la preside Coppola.

Insegnavo a Laurentino 38, un quartiere con un’alta densità di ragazzi in difficoltà. A scuola le classi erano sovraffollate: in ognuna, c’erano circa 30/35 ragazzi. C’era anche Giancarlo: aveva una leggera zoppia, ma quello era il minore dei suoi problemi. Veniva da una famiglia con pochi mezzi: sociali, culturali e pure economici. Era noto per essere uno problematico. Così, quando entrai in classe, decisi che il primo ad avere la mia attenzione sarebbe stato lui. Tutti i giorni gli chiedevo di farmi vedere il quaderno e Giancarlo ne era contento: finalmente qualcuno lo vedeva. Non era più il disturbatore che tutti si aspettavano. Un giorno la preside mi mandò a chiamare.

Che ho fatto?

Invece del rimprovero che mi aspettavo, mi dice: ha mai pensato di prendere la specializzazione per il sostegno? Di impulso ho detto sì, poi ho pensato: e se non ce la faccio? E se poi rimango schiacciata dai problemi di tutti? I se alla fine sono stati spazzati via dalla volontà di fare qualcosa che riuscisse ad accorciare la distanza tra questi ragazzi e il mondo. La mia laurea in biologia mi ha aiutata: volevo conoscere, scavare, capire. Per due anni, dopo il lavoro andavo alla scuola di specializzazione per il sostegno, non è stato facile, ma ormai avevo chiara la direzione.

Con tutti i ragazzi che ho conosciuto, non ho mai avuto un atteggiamento pietistico. Mai. Mi sono sempre relazionata in modo diretto, senza fare sconti. Il mio obiettivo era quello di scovare e dare un’opportunità alle abilità inespresse che ognuno di loro aveva. Una volta un ragazzo mi ha detto: mi tratti come una persona normale. Bello e terribile allo stesso tempo. Tutti noi abbiamo specifiche abilità, nessuno di noi è capace in tutto. La vita poi non è nemmeno un pallottoliere in cui inanellare una competenza dietro l’altra.

In ognuno, io guardo i punti di forza, perché è su quelli che devi concentrarti, affinché il ragazzo si senta soddisfatto e sia consapevole di vivere una vita che valga la pena di essere vissuta. Non mi sono mai fermata davanti a un “non si può fare”, “ma che sei matta?” Io provo. Non mi spaventa se la direzione non è quella giusta: se non va, ne troviamo un’altra. Però mi metto in cammino con loro, non rimango ferma.

Quando ho lavorato all’istituto alberghiero, non mi rassegnavo all’idea che i ragazzi con difficoltà tenuti lontani da quelle discipline che potevano presentare difficoltà o pericoli: così ho cominciato a farli lavorare con le mani, a impastare. Impasti di tutte le tipologie! Con un collega di cucina, pasticciere, che mi guidava e confortava.

Funzione strumentale nella scuola dell’autonomia, decido di presentare un progetto, coinvolgo vari docenti, gli alunni e le loro famiglie, ottengo l’approvazione del Collegio Docenti e del Consiglio di Istituto. Un progetto ha senso se intende realizzare una idea o affrontare un problema e risolverlo.

Per noi c’era sia l’una che l’altro. Perché i ragazzi che frequentavano la nostra scuola, dopo aver conseguito abilità e competenze avrebbero dovuto affrontare un problema: non avrebbero mai avuto l’opportunità di uno sbocco lavorativo. Nasce così nel luglio del 2002 la cooperativa sociale di tipo B “Con …gli altri”, con l’approvazione della Dirigente Scolastica Prof.ssa Giulia Leone e la dirigente Amministrativa dott.sa Lucia Renzicchi; i soci fondatori sono gli alunni con disabilità dell’IPSSAR Tor Carbone, soci volontari i docenti curriculari e docenti di sostegno, soci sostenitori alcuni genitori, volontari anche loro.

Un supporto significativo è stato quello della Tavola Valdese che nel 2015 ha finanziato alcune borse lavoro di ragazzi della cooperativa e negli anni a seguire anche dell’associazione YAS con cui camminiamo insieme. Nel 2021-2022 abbiamo realizzato, in partnership con YAS e Pomerium Onlus, il progetto 31 Casette dove mi sono occupata del laboratorio di cucina.

Lungo la strada ho incontrato tante persone che mi hanno aiutata a realizzare progetti che molti credevano impossibili: l’umanità è davvero migliore di quello che si pensa. Lo dico sempre: dammi solo uno spiraglio di possibilità, e vedrai che ce la faccio. Anzi, ce la facciamo.